intervista a Emiliano Diotallevi

La cultura dell’inclusione

Emiliano Diotallevi
Responsabile Human Resources di ABB in Italia

Progredire verso un mondo più prospero e più sano, nell’immediato e per le generazioni future, da costruire grazie all’impegno di tutti coloro che fanno parte del proprio ecosistema, azienda, dipendenti, clienti, fornitori, partner e comunità in cui si opera.

È questa la volontà di ABB, che in linea con la propria strategia di Sostenibilità 2030, si è fortemente impegnata a sostenere in modo concreto uno sviluppo sostenibile perseguendo tre importanti obiettivi: ridurre le emissioni di CO2, preservare le risorse e promuovere il progresso sociale. È proprio sul fronte dell’avanzamento del progresso sociale, in termini di inclusività, salute e sicurezza delle persone, che ABB sta implementando e consolidando alcuni progetti che impattano concretamente nel sociale e sulla vita degli individui. Per sostenere realmente questo percorso verso un’organizzazione in cui tutte le differenze siano non solo accolte ma celebrate, ABB si è impegnata a far leva su una leadership e su una cultura inclusive e su partnership di valore. Facciamo il punto su questa tematica insieme a Emiliano Diotallevi, Responsabile Human Resources di ABB in Italia.

La sostenibilità in ABB: cosa rappresenta e come si integra in tutte le attività svolte?
Oggi tutte le aziende parlano di sostenibilità: su certi temi così centrali per la nostra società, noi e tutte le aziende del sistema industriale, a livello globale, abbiamo adottato il medesimo messaggio, la sostenibilità al centro della propria strategia. Negli ultimi anni ABB ha ulteriormente focalizzato la sua missione e il suo business sul tema della sostenibilità ma non è frutto di una moda: appartiene al nostro DNA. Il primo report sull’impatto ambientale è stato stilato in azienda nel 1994. Intorno a questo primo nucleo di attenzione all’ambiente abbiamo costruito un percorso che riguarda health&safety (2003) e human rights (2005) per arrivare lo scorso anno a identificare una nuova strategia interamente strutturata sulla sostenibilità. Questa strategia, frutto del naturale indirizzamento del nostro core business, è stata anche condivisa attraverso un percorso di coinvolgimento dei nostri dipendenti a livello mondiale mediante dei focus group. Oggi la sostenibilità di ABB si declina in tre grossi capisaldi: creare una società che minimizzi il suo impatto nell’ambiente (riduzione emissioni CO2), efficientare i processi e preservare le risorse, avere un approccio pienamente sostenibile dal punto di vista sociale ovvero creare una cultura e un ambiente di lavoro pienamente inclusivi, con la valorizzazione delle diversità nel senso più ampio possibile.


Negli ultimi anni ABB ha ulteriormente focalizzato la sua missione e il suo business sul tema della sostenibilità ma non è frutto di una moda: appartiene al nostro DNA.

Proprio sul fronte della D&I, quali sono gli ambiti in cui siete maggiormente impegnati? Come?
Nel lanciare la nuova strategia 2030, ABB ha dedicato un capitolo importante alla D&I ma tengo a sottolineare che da almeno dieci anni parliamo di diversità in azienda. Prima ci riferivamo principalmente alla diversità di genere, ora il concetto è stato ampliato verso cinque direttrici principali: diversità di genere, di orientamento sessuale (LGBTQ+), di etnia, generazionale, di abilità. Come ABB Italia ci stiamo focalizzando in particolare su gender, generation e abilities. Abbiamo identificato dei focus group trasversali, di cui fanno parte alcuni nostri dipendenti: l’unico requisito richiesto per essere inclusi nei team era la motivazione a parteciparvi attivamente. Da dicembre 2021 questi focus group stanno lavorando in completa autonomia per identificare iniziative concrete per migliorare l’ambiente di lavoro. La cultura, in un contesto aziendale, passa attraverso un cambiamento dell’individuo: per questo bisogna adottare delle iniziative che attivino dei processi di cambiamento individuale. E questo non è un percorso semplice.


Come ABB Italia ci stiamo focalizzando in particolare su gender, generation e abilities.

A cosa stanno lavorando i focus group?
I focus group stanno lavorando su diversi fronti. Uno riguarda le disabilities, per capire come creare un ambiente di lavoro inclusivo per le persone che hanno delle disabilità. Oggi c’è una norma che obbliga a collocare una quota di persone diversamente abili all’interno dell’azienda: l’approccio corretto è chiedersi invece cosa possiamo fare per attrarre queste persone. Deve cambiare il paradigma ma non è facile individuare dei KPI su questo tema. Il team gender è l’unico al quale possiamo associare facilmente del KPI. I target, qui, sono chiari: entro il 2030 vogliamo raggiungere un 25% di donne in posizioni di leadership, il che presuppone una capacità di assunzione del 50% tra uomini e donne garantendo un percorso di crescita professionale egualitario e la parità salariale. Il team generation, invece, sta cercando di individuare iniziative che aiutino a valorizzare al meglio le diverse generazioni presenti tra i nostri dipendenti. Ci tengo a precisare che tutto questo viene svolto dai focus group in aggiunta al lavoro che svolgono in azienda, con passione ed energia.

Lavorare sulla D&I significa aprirsi a un ecosistema che va ben oltre quello aziendale.
Quali sono le organizzazioni con le quali state lavorando per creare percorsi di consapevolezza sulla D&I?

Stiamo ampliando con molta attenzione le adesioni alle diverse associazioni che stanno operando sul tema della D&I. Oggi il welfare e la cultura inclusiva sono due temi che i giovani si aspettano di trovare in un luogo di lavoro. Vogliamo far parte di associazioni che realizzino qualcosa di concreto in questa direzione e che abbiano delle basi solide, magari radicate nel tempo. Sicuramente, in ottica D&I, il valore risiede nel network, nell’ottica di creare un contesto sociale positivo. Collaboriamo da circa 20 anni con ValoreD, associazione dedicata alla diversità di genere che sta anche ampliando le sue iniziative verso le altre dimensioni della diversità.
C’è poi Wise Growth, che ha creato un luogo virtuale di condivisione, The Wise Place, all’interno del quale vengono avviate tutta una serie di iniziative di condivisione tra le aziende sui temi di D&I. Collaborare con altre aziende allineate su questi temi è molto stimolante perché tutti condividiamo quello che stiamo facendo con la consapevolezza che per attuare un cambiamento di questa portata bisogna lavorare tutti insieme e fare squadra.
SheTech è invece un’organizzazione relativamente nuova ma molto frizzante, che supporta le aziende nel cercare di colmare il gender gap nel mondo della tecnologia: lavora fianco a fianco con le ragazze anche nel momento in cui devono affrontare la scelta del percorso universitario da intraprendere, tema cruciale per il loro futuro inserimento nel contesto lavorativo.
Siamo associati anche a Parks, associazione che supporta le aziende nel percorso di inclusione della diversità di orientamento sessuale (LGBTQ+), un argomento abbastanza nuovo: non dimentichiamoci che fino a qualche anno fa temi come questi erano un tabù per le aziende. Oggi, invece, per gestire alcuni processi è opportuno prevedere una policy per porre la giusta attenzione ad alcuni elementi.


Oggi il welfare e la cultura inclusiva sono due temi che i giovani si aspettano di trovare in un luogo di lavoro.

Come state agendo sul fronte Educational? Quali iniziative state portando avanti con maggior vigore?
Il rapporto con gli enti educativi è fondamentale: abbiamo bisogno di investire in questo ambito per preparare le generazioni future dal punto di vista delle competenze. Collaboriamo con tutte le principali università italiane e supportiamo diversi istituti tecnici superiori (ITS). Recentemente abbiamo avviato il Sustainable Talent Program, programma di mentoring che promuove il talento al femminile. Si rivolge alle ragazze che stanno affrontando un percorso universitario in materie STEM e ha l’obiettivo di far conoscere in anticipo i nuovi talenti che si stanno affacciando al mondo del lavoro ma anche di presentare la nostra realtà aziendale, in una sorta di vantaggio competitivo. Collaboriamo con Junior Achievement da 20 anni, dalla fondazione di questa realtà in Italia. Junior Achievement è la più vasta organizzazione non profit al mondo dedicata all’educazione economico-imprenditoriale nella scuola: è una delle nostre partnership più consolidate. Prevede iniziative di orientamento e imprenditorialità per i ragazzi diventate strategiche per le nostre attività di investimento sociale verso la collettività. Alcuni nostri dipendenti sono Dream Coach volontari per JA: si rendono disponibili per collaborare con alcune classi di studenti per realizzare dei business case che aiutino ABB a conoscere più da vicino le future generazioni ma soprattutto queste ultime a capire meglio che cosa le aspetta nel mondo del lavoro, quali sono le competenze, e non solo quelle tecniche, su cui focalizzare il proprio percorso di sviluppo. In questo ambito, i ragazzi sviluppano progetti molto interessanti, tanto che abbiamo realizzato anche degli award per premiarli. Le nuove generazioni hanno tanto da insegnarci, anche in virtù di una diversa connessione con il mondo: non hanno paura di parlare e dicono le cose così come le vedono. Dal canto nostro non dobbiamo porre i nostri preconcetti sul loro modo di vedere la società perché potrebbero aver ragione loro. In generale, mettersi in un’ottica di ascolto è sempre positivo e può portarci lontano. Del resto, la strada che porta all’inclusione prevede un percorso lungo e articolato ma nel quale, anche con piccoli passi, si può avanzare moltissimo.

A cura di Simona Recanatini >>

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