Parliamo con Simone Franzò

Mobilità elettrica in Italia:
a che punto siamo?

Simone Franzò
Assistant Professor e Direttore Osservatorio Smart Mobility - Energy
& Strategy del Politecnico di Milano

A che punto siamo con la diffusione della mobilità elettrica in Italia? Perché rispetto ad altri Paesi europei nel Belpaese l’emobility stenta ancora a decollare? Si risparmia o si inquina meno con un’auto elettrica? Risponde a queste ed altre domande uno dei massimi esperti del settore in Italia: Simone Franzò, Assistant Professor e Direttore Osservatorio Smart Mobility - Energy & Strategy del Politecnico di Milano.

Professore, a che livello è la diffusione di mezzi elettrici e quali prospettive di sviluppo ci sono per la mobilità elettrica in Italia?Nel 2018 sono state immatricolate 9.579 auto elettriche (+96% rispetto al 2017), di cui 5.010 veicoli elettrici “puri” (+150% rispetto al 2017) e 4.569 veicoli elettrici “ibridi plug-in” (+60% rispetto al 2017), pari complessivamente allo 0,5% delle immatricolazioni di auto registrate in Italia. Questo porta il totale delle auto elettriche circolanti in Italia a fine 2018 a circa 22.000 unità. Nei primi otto mesi del 2019, le immatricolazioni di BEV in Italia sono in crescita del 109% rispetto allo stesso periodo del 2018 e sono pari a oltre 6.000 unità trainate dall’entrata in vigore dell’Ecobonus, avvenuta ad aprile 2019. Gli scenari di diffusione delle auto elettriche che abbiamo elaborato sono molto interessanti: si prevede che il parco circolante di veicoli elettrici al 2030 (sia “puri” che “ibridi plug-in”) sarà di oltre 2,5 milioni nello scenario più conservativo, fino a quasi 7 milioni nello scenario di sviluppo “accelerato”.


Il totale delle auto elettriche circolanti in Italia a fine 2018 è di circa 22.000 unità.

Quali sono state finora le principali barriere all’emobility in Italia, rispetto ad altri Paesi europei?
La principale barriera all’acquisto di un veicolo elettrico in Italia è di tipo economico e fa riferimento all’elevato costo iniziale dell’auto elettrica (rispetto a modelli comparabili con motorizzazioni tradizionali). È una barriera su cui si sta lavorando, sia a livello italiano che internazionale, con l’introduzione di incentivi all’acquisto dei veicoli elettrici.Di minor incidenza invece i “problemi” relativi all’inadeguatezza della rete di ricarica, peraltro in diminuzione in virtù del significativo incremento del numero di punti di ricarica registrato nel nostro Paese, ed in secondo luogo all’autonomia limitata dei veicoli elettrici.


Si lavora all’introduzione di incentivi economici per l’acquisto dei veicoli elettrici.

La diffusione dell’infrastruttura di ricarica in Europa è davvero così limitata?
L’Europa vede a fine 2018 la presenza di circa 160.000 punti di ricarica pubblici (pari al 30% dei punti di ricarica pubblici installati a livello globale), di cui circa il 15% «fast charge», complessivamente in crescita del 14% rispetto all’anno precedente. La crescita dei punti di ricarica «fast charge» è stata molto più accentuata rispetto a quella dei punti «normal charge» in termini percentuali (rispettivamente 30% e 12%). Tale fermento è confermato da quanto accaduto nei primi 8 mesi del 2019, quando sono stati installati più di 15.000 punti di ricarica pubblici, portando il totale dei punti di ricarica installati a circa 176.000. Guardando a livello di singolo Paese, la diffusione dei punti di ricarica a fine 2018 è estremamente disomogenea nei diversi Paesi europei, sia in termini assoluti che rapportando il numero di punti di ricarica agli abitanti, con una significativa predominanza dei Paesi del nord Europa.

Quando si ha un’auto elettrica si risparmia davvero?
I fattori che possono influenzare l’effettivo risparmio derivante dall’utilizzo di un veicolo elettrico sono molti: la tipologia di ricarica (ad esempio a pagamento piuttosto che gratuita), la possibilità di usufruire di agevolazioni per l’utilizzo del veicolo (come i parcheggi gratuiti su strisce blu o l’accesso a ZTL), lo stile di guida…giusto per citarne alcuni.All’interno dello Smart Mobility Report (ed. 2019) si è cercato di rispondere a questa domanda, analizzando il cosiddetto Total Cost of Ownership di un veicolo elettrico rispetto ad un veicolo «tradizionale» equivalente, basandosi su condizioni medie di mercato. Dall’analisi emerge che la «sola» presenza dell’incentivo all’acquisto nazionale a favore del veicolo elettrico fa sì che esso impieghi circa 5 anni per «pareggiare» il costo di un’auto a benzina, risultando in un risparmio di circa 7.000 € nell’arco dei 10 anni. Uno scenario più “favorevole” vede la presenza di un incentivo regionale all’acquisto di auto elettriche pari a €3.500, cumulabile con l’Ecobonus, in aggiunta alla presenza di incentivi all’uso del veicolo elettrico, fa sì che l’auto elettrica impieghi circa 2 anni per «pareggiare» il costo di un’auto a benzina.

Al di là dei costi, è vero che un’auto elettrica inquina come quelle diesel o a benzina?
Le analisi del sopracitato Rapporto mostrano che le emissioni di anidride carbonica lungo il ciclo vita del veicolo risultano inferiori per i veicoli elettrici (BEV) rispetto ai veicoli con motore a combustione interna (ICEV). È da sottolineare, anche in questo caso, che i risultati risentono in maniera significativa ad esempio della localizzazione della produzione dei componenti del veicolo e del mix di generazione con cui il veicolo elettrico è alimentato. In entrambe le tipologie di veicolo (BEV ed ICEV), si identifica come «worst case» lo scenario in cui la produzione della batteria e l’assemblaggio del veicolo avvengono in Cina, in primis dovuto alle caratteristiche del mix di generazione di energia; viceversa, il «best case» è associato alla filiera «100% italiana», in cui tutti i componenti del veicolo sono prodotti ed assemblati in Italia. Passando da produzione ed assemblaggio cinese ad italiana, il «risparmio» è nell’ordine o superiore al 30% per i BEV ed al 15% per gli ICEV. Si evidenzia inoltre un margine di miglioramento rilevante per i veicoli elettrici nella fase di utilizzo analizzata per l’Italia, legato ad una potenziale maggiore penetrazione delle fonti di energia rinnovabile nel mix di generazione di elettricità, peraltro attesa nei prossimi anni in Italia sulla base di quanto previsto dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima).

@AndreaBertaglio

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